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GROSSETO
26 novembre 2005 – 29 gennaio 2006
Palazzo della Provincia di Grosseto
Istituto Professionale “L. Einaudi”
Palazzo del Consorzio di Bonifica
Conservatoria delle Imposte, ex Casa del Fascio
Palazzo delle Poste
Palazzo del Consorzio Agrario |
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NON SOLO MACCHIAIOLI
Grosseto ritrova la Maremma degli artisti
Una bella mostra riscopre come la terra di
Maremma sia stata fonte d’ispirazione per gli artisti tra la fine dell’Ottocento
e il 1950. Per chi conosce questo territorio, oggi meta turistica rinomata per
il suo litorale selvaggio di spiagge e scogliere, per la natura in gran parte
incontaminata e protetta, ricca di aree boschive, di pinete e pianure
sterminate, e per chi vuole scoprirne il fascino fuori stagione, la mostra “Arte
in Maremma” è un’occasione da non perdere per conoscere come le bellezze di
questi luoghi siano state raccontate attraverso gli occhi degli artisti del
passato.
Ammirevole lo sforzo
organizzativo che ha collocato le opere in sezioni cronologiche accolte in sei sedi
espositive diverse, aprendo al pubblico palazzi e sale che costituiscono una
vera e propria campionatura dell’architettura civile coeva, fatto che consente
di avvertire il clima culturale che caratterizzò quei decenni e la loro
evoluzione sociale oltre che artistica. I visitatori sono così accompagnati tra
opere d’arte, testimonianze fotografiche e documenti che raccontano il
territorio, le sue vicende e la sua gente, con un itinerario che accompagna
anche alla scoperta di Grosseto. Preziosismo non da poco, in una città il cui
nucleo storico è tuttora interamente racchiuso da imponenti mura
cinquecentesche, all’interno e lungo le quali si sono stratificate le
testimonianze di vari stili architettonici, integrati e salvaguardati anche dopo
il passare delle mode e delle ideologie.
“Arte in Maremma” è il
risultato di una vasta ricognizione, la prima di una certa esaustività, per un
territorio che, seppur non all’avanguardia nella Toscana di quegli anni,
tuttavia non fu povero di stimoli se tanti artisti, grossetani e no, ne furono
ispirati. La validità critica è garantita dal coordinamento di un studioso
illustre come Enrico Crispolti, direttore della Scuola di specializzazione e
professore di Storia dell'arte contemporanea all'Università di Siena, e da un
pool di critici come Anna Mazzanti, Luca Quattrocchi, Mauro Papa, Eliana Princi
e Barbara Catalani, che hanno individuato un cospicuo corpus di opere, con 113
tra sculture e quadri, 75 fotografie e numerosi documenti, disegni e progetti,
che mettono per la prima volta in luce le vicende artistiche del grossetano. La
mole di studi che ha portato a questa esposizione è raccolta in un ponderoso
catalogo, ricco di testi e documenti.
La mostra si apre con la sezione “Tra Verismo,
Storicismo e Liberty” in quella che è la sala più fascinosa del Palazzo della
Provincia, esempio di quel sogno neo-gotico che a cavallo tra Ottocento e
Novecento restituì un look medievalista al centro della città, e dove sono
accolti alcuni bei quadri tra tardo-romanticismo, pittura dei macchiaioli e
prime realizzazioni decorative nello spirito del nuovo secolo.
E subito si intuisce che le possibilità
di dare forma espressiva ad un paesaggio con caratteristiche uniche come la
maremma sono state materia di studio e di rovello stilistico per molti artisti,
soprattutto dopo l’abbandono delle tematiche narrative, del filtro letterario e
della vena storicistica che innervarono il nostro Ottocento. Centrale in questa
vicenda, nell’invenzione di un lingua pittorica che racconta la specificità del
luogo come scenario di accadimenti naturali, nella luce e nella sua semplice
monumentalità, la lezione di Giovanni Fattori, che in questa natura non
addomesticata che è la maremma trovò gli elementi di tanti suoi capolavori
(alcuni dei quali sono presenti in mostra); è nei suoi quadri che la dimensione
selvaggia e rude di questa terra, il dinamismo dei butteri che anima
l’immobilità della vasta pianura, la vigoria degli animali, i grandi tori
bianchi, e la luminosità corrusca di un cielo sempre percorso da minacce
temporalesche trovano in assoluto l’interpretazione più alta. Ma è proprio da lì
in poi che la visita si fa appassionante: nelle sezioni “Novecento e
oltre” e “L’immediato dopoguerra” sono
presentati gli artisti che si affermano successivamente e che cercano
nuove strade per allontanarsi dagli stilemi eccelsi dei macchiaioli, per andare verso
altre soluzioni stilistiche, per sperimentare quei nuovi modi espressivi che nel
corso del XX secolo hanno scritto la storia dell’arte contemporanea. Ecco allora
che emergono di volta in volta eleganze linearistiche in sintonia col liberty,
immagini di un paesaggio che si fa più domestico e intimista, le semplificazioni
formali che echeggiano tematiche primitive a fianco di qualche magniloquenza
novecentista e di quel ritorno alla radice classicista che fu rispolverata con
la sua retorica nel ventennio fascista, poi ricerche strutturaliste che tendono
ad una resa più astratta del paesaggio e della figura, e infine si fa strada una
dimensione realista e di impegno sociale che porta in primo piano la fatica e la
sofferenza dell'operaio delle fabbriche e del bracciante.
I limiti cronologici dell’esposizione giungono attorno
al 1955, lasciando sospesa l’indagine in un frangente cruciale, che vide
delinearsi un dibattito a carattere nazionale sul ruolo sociale dell’arte,
quella congiuntura che fu stilistica e ideologica tra informale, ricerche
astratte e nuovo realismo, e che proprio a Grosseto vide occasioni di accese
dispute e interventi illustri, e ci auguriamo possa essere punto di partenza per
un prossimo capitolo di indagine e approfondimento.
Una lettura dei nomi di tutti gli artisti può
essere utile per comprendere lo spessore della manifestazione realizzata con
opere provenienti da musei e istituzioni pubbliche quali la Galleria d'Arte
moderna di Firenze, i Musei Civici di Siena, il Museo d'Arte contemporanea di
Rovereto e Trento, il Centro Studi e Archivio della Comunicazione di Parma,
oltre che da collezioni private e dalle istituzioni locali come la Provincia, il
Comune di Grosseto, i Comuni di Manciano, Massa Marittima e Orbetello.
Insieme ad alcune opere di Giovanni Fattori e di Eugenio Cecconi, i due
macchiaioli più celebri, sono in mostra quadri dei pittori Paride Pascucci,
Primo Conti, Pietro Aldi, Belisario Baggiani, Pietro Pagliani, Lucio Parigi,
Gino Parrini, Mario Piancastelli, Nazzareno Rosignoli, Tilde Maria Valentini,
Nilo e Bruno Bacherini, Bruno Cordo, Bruno Dominici, Alfredo Fabbri, Tolomeo
Faccendi, Carlo Gentili, Savino Giomi, Memo Vagaggini, Ovidio Gragnoli, Mario
Nanni, Gino Parrini, Ado Pericci, Domenico Ponzi, Olinto Calastri, Alberto
Caligani, Renzo Capezzuoli, Vico Consorti, Arnaldo Prunai, Patrizio Fracassi,
Mino Gragnoli, Vincenzo Jerace, Tito Sarrocchi, Arturo Viligiardi e degli
scultori Ettore Ferrari, Giovanni Prini, Fulvio Corsini, Vincenzo Rosignoli,
Paladino Orlandini.
Nell’ottica della rilettura di tutto il periodo, sono anche state riconsiderate
anche le figure di
architetti come Angiolo Mazzoni, Enrico Del Debbio, Pier Luigi Nervi, Lorenzo
Porciatti, Umberto Tombari e i loro interventi nella città di Grosseto. Si
segnala anche l’interessante raccolta di fotografie dell’epoca nella sezione
“La maremma e la fotografia” a cura di Giovanna Ginex.
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