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DARIO FO HA RECITATO A
BOLOGNA IL SUO "MANTEGNA IMPOSSIBILE"
BOLOGNA,
AULA MAGNA DI SANTA LUCIA
17 settembre 2006
Dario Fo durante la recita "Il Mantegna
impossibile", Aula Magna di Santa Lucia, Bologna. |
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Alcune delle opere di Andrea Mantegna di
cui parla Fo. Qui sopra, Il Martirio di San Cristoforo, intero e
particolare. |
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Particolari della decorazione della
Camera degli Sposi, il celebre "oculo". A sinistra, La corte. |
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ANDREA MANTEGNA SECONDO FO. Dipinse per i potenti rivelando con ironia le loro
debolezze
testo di Daniela Bellotti
Il premio Nobel per la letteratura ha incantato per
due ore il pubblico, in un'Aula Magna stracolma, per una recita straordinaria a
ingresso libero.
In una serata di pioggia battente, in anticipo
sull'orario previsto, Dario Fo ha dato inizio alla sua "lezione recitata" in un modo
che molto rivela dell'uomo e del suo stile: ha invitato tutti coloro che non
avevano trovato posto, ed erano fuori sotto l'acqua, a entrare e
occupare le prime file che fino a quel momento erano rimaste libere,
riservate alle personalità. Poi, tra i suggerimenti contrari degli addetti alla
sicurezza e lo sconcerto dello staff che attendeva i Vip ritardatari, ha
suggerito ai più giovani di mettersi a terra vicino al palco come attorno
a un falò. Così, quasi abbracciato da una folla attenta e già conquistata, Fo ha
preso tutti per mano accompagnando ciascuno dentro un viaggio trasversale, nella
pittura, nel costume di un'epoca lontana come il Cinquecento, nelle immagini, ma
anche nell'attualità, saltando spesso e volentieri all'oggi, ... e ribaltando
così la seriosità del metodo accademico che rende noiose le ricognizioni
storiche sui maestri dell'arte. Il risultato è stato di rendere vivo e umano un
pittore da molti considerato ostico, "pietroso" come Andrea Mantegna.
Solo una straordinaria capacità comunicativa, unita
ad una chiara visione critica del mondo, può consentire quella circolazione di
energia tipica delle performance di questo straordinario scrittore,
attore, artista, studioso e sperimentatore del linguaggio, grande giocoliere
della parola e "maestro" che è Fo. Lo spettacolo? L'acustica dell'immensa Aula
produce un'eco fastidiosa, miracolosamente attenuata dai tecnici, le immagini
dei quadri antichi e degli schizzi eseguiti dallo stesso Fo (che è anche un ottimo
pittore) a esplicazione del discorso, proiettati sul megaschermo, hanno una
definizione nebulosa... tuttavia la magia si compie, e produce scoperte e
conoscenza ed emozione...
Cosa dice ad esempio Fo di Leonardo e del suo
disegno dell'Adorazione dei Magi? Ci fa notare che alle spalle della Natività,
sullo sfondo, c'è una scena con un inseguimento, di uomini in armi e cavalli, e
c'è uno scontro... "Gesù nasce per portare la pace e gli uomini continuano
imperterriti a fare la guerra". E Mantegna, il protagonista dello
spettacolo? Cominciamo a conoscerlo fin da bambino, perchè, suggerisce Fo "per
qualsiasi personaggio è lì che si deve cominciare a guardare, studiate
l'ambiente e la situazione dell'infanzia, lì c'è sempre tutta la storia a
venire. Per Mantegna, fanciullo schiavo alla bottega dello Squarcione, ci fu
molta sofferenza nell'infanzia, una sofferenza che sfociò in una fuga con cui il
giovane dimostrò tutto il suo carattere, ribellandosi al maestro-padrone e
facendolo poi addirittura condannare. Squarcione era un pittore che allevava a
centinaia bambini e ragazzi, iscrivendoli tutti come figli suoi, ma rendendoli
schiavi e sfruttandone il lavoro". Negli anni difficili dell'infanzia nella
bottega con gli squarcioneschi c'era anche un altro allievo che sarebbe
diventato un grande pittore, il ferrarese Cosmè Tura, che più tardi
eseguirà la decorazione di Palazzo Schifanoia a Ferrara. Dario Fo ritrova anche
in Tura alcune caratteristiche che sono dello stile di Mantegna, e suggerisce
che sia la durezza dell'esperienza fatta nell'adolescenza a far emergere un
senso critico nei confronti del signore, del potente dell'epoca e dei suoi vizi.
"Schifanoia significa schivare la noia, e gli affreschi di Tura raccontano il
mondo della corte che qui aveva i suoi luoghi di piacere, nelle immagini ci sono
storie gioiose, erotiche, ma a volte si affaccia l'ironia, il grottesco, fino
alla satira brutale." E del famoso "scorcio", esibizione di capacità
prospettica per cui tanto è famoso Mantegna? "Lo scorcio aumenta l'effetto
drammatico e Mantegna ne era già un maestro a 17 anni. Tuttavia lui vuole
allontanare il dramma, accentuato dallo scorcio, attraverso lo sberleffo,
l'ironia, la danza, il gioco." Esempi di questa ironia di cui sembra che i
committenti non si accorgessero? E' qui che la rappresentazione entra nel vivo,
nell'aneddoto dissacrante, nello sberleffo ai potenti dove Fo trova il sugo dei
suoi personaggi, e si comprende perchè in Mantegna ha trovato uno di questi,
quando finalmente si lascia andare, si diverte e diverte il pubblico raccontando
cose come... il Martirio di San Cristoforo, che diventa l'occasione per dire di
uno scherzo del pittore che vi ritrasse lo Squarcione, nelle vesti di colui che
tira le frecce verso il martire, frecce che in virtù d'un miracolo evitano il
sant'uomo e si dirigono ovunque, e una freccia finisce nell'occhio di colui che
aveva ordinato il martirio. Poi ancora, il capolavoro, la decorazione della
Camera degli Sposi con il libero gioco dei bambini nudi, e il ritratto di
famiglia del Duca dove ci sono gobbi, storpi, nani e la famiglia tutta ha
un'aria malata e malsana, la consorte e il suo cane sono come due gocce
d'acqua...
Fitto è il racconto fino all'epilogo, e passa
attraverso la scoperta di un'anomalia prospettica nel celebre quadro del Cristo
Morto (i piedi dovrebbero essere più grandi e la testa più piccola secondo le
leggi della prospettiva) ma Mantegna piega in senso espressivo le regole del
disegno in scorcio, e applica un correttivo modernissimo che tiene conto
dell'esperienza e della memoria del corpo e della sua verità; poi la
rievocazione degli antichi teatri, e delle compagnie in cui cominciavano a
recitare le donne, e si scopre che Mantegna ha ritratto per la prima volta una
compagnia di teatro con una vera donna, che mostra il seno a testimonianza di
non essere un attore travestito; e poi ancora le scelte paradossali, quasi
metafisiche del Trionfo di Cesare; e l'iconografia dei bambini che si infilano
ovunque, che sono le figure della vivacità e della tenerezza ma che finiscono
anche schiacciati, compressi in un mondo a misura dei grandi.
"E' un irridere continuo alla monumentalità... ma
come facevano questi nobili a non accorgersi dell'ironia?..." Trova una
risposta Fo nelle parole di un cronista dell'epoca, che di vizi e trame dei
signori se ne intendeva, Nicolò Macchiavelli ... Coloro che il potere tengono
nella mano...anco quando è palese che s'irride di loro, tranquilli dormono nel
silenzio della loro fine."
(Si segnala il volume ricco di illustrazioni "Il
Mantegna impossibile" edito dalla Franco Cosimo Panini con testo di Dario Fo
presentato in questa occasione)
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