Dino Gavina. L’interdisciplinare
A cura di Elena Brigi e Daniele Vincenzi, la mostra presenta molti dei
modelli prodotti da Gavina dal 1950 in poi, oltre a materiali, documenti e
sezioni dedicate ad artisti e progettisti che disegnarono per le sue
industrie e parteciparono all’innovazione del design italiano e
internazionale.
MAMbo, inaugurazione 22 settembre ore 18. Fino
al 12 dicembre.
testo di Daniela Bellotti
Continua la programmazione del MAMbo con itinerari e attraversamenti non
convenzionali dentro i territori dei linguaggi creativi del contemporaneo.
Questa volta è la figura di Dino Gavina (nato a Bologna nel 1922, scomparso
nella sua città nel 2007) a fare da perno a un’indagine che sarà ricca di
sfaccettature e interconnessioni, che si dipanerà nelle sale del museo
bolognese con un filo logico trasversale, in un approccio dinamico e
multidisciplinare, con sollecitazioni estetiche diverse. Un modo questo di
concepire l’offerta espositiva che il pubblico ha dimostrato di apprezzare,
premiando le precedenti iniziative di questa istituzione, con un numero di
presenze che ha fatto esprimere ai curatori parole di soddisfazione. La
formula, grazie alla quale ogni evento è pensato come scoperta (o rilettura)
dinamica, squaderna pagine storiche di valore che interagiscono nel
presente, secondo un concetto di produzione culturale specialistica, che si
avventura tra gli scenari di oggi e prepara quelli di domani. Una formula
che sarà quanto mai appropriata per rendere omaggio a Gavina, uno dei padri
del design italiano, figura d’intellettuale e industriale, fondatore nel
1960 di “Gavina Spa”, e più tardi di “Simon International”, “Flos”,
“Simongavina Paradiso Terrestre”.
A poco più di tre anni dalla morte, le sale del MAMbo accolgono la sua
produzione per mettere in scena non solo una mostra di design, ma per
raccontare la vicenda esemplare di un uomo che inventò un modo di pensare e
di produrre mobili e oggetti d’arredo, attraverso il coinvolgimento di
energie creative e idee geniali di molti artisti internazionali, elaborando
con loro intuizioni e portandole a un pieno sviluppo con progetti su scala
industriale. Un’operazione che negli anni sessanta era assolutamente
sperimentale e coraggiosa. Nomi celeberrimi dell’arte hanno condiviso con
lui la ricerca di forme estetiche lungo tutta la seconda metà del XX secolo,
operando di fatto un innesto spregiudicato delle specifiche ragioni
dell’arte, in particolare il concetto surrealista di ready-made, dentro il
tessuto connettivo della produzione industriale, costruendo oggetti
funzionali ed esteticamente compiuti, ben oltre il tradizionale concetto
dell’arte applicata del passato. Tra questi Lucio Fontana, incontrato nel
1953 a Milano in occasione della Triennale, che intuì per primo le doti del
giovane amico bolognese, a quei tempi appassionato di teatro, d’arte e di
letteratura, passioni che lo accompagneranno per tutta la vita, regalando al
suo carattere quella capacità di essere sperimentale, di intuire il valore
delle idee e delle opere, di connotare a operazione culturale le scelte
formali più coraggiose. A conferma di un percorso assolutamente
interconnesso con l’arte, si ricordano i sodalizi con Marcel Duchamp, Man
Ray, Sebastian Matta, Giacomo Balla, Meret Oppeheim; l’avventura americana
con il maestro del razionalismo Marcel Breuer, il fascino scoperto con
Takahama della cultura giapponese, che si rispecchia anche nella ricerca di
materiali inediti poi utilizzati in scala industriale quali la lacca lucida.
Tutti questi e altri personaggi furono compagni di strada di Gavina e
intrecciarono il loro percorso al suo, interagendo a livello di
progettazione, soluzioni e idee. Ancora da ricordare le collaborazioni con
illustri architetti, Carlo Scarpa che ideò la sede espositiva di via
Altabella, i fratelli Castiglioni, Achille e Pier Giacomo, che nel 1962
progettarono il negozio Gavina di Milano, poi quello di San Lazzaro di
Savena; Enzo Mari con cui realizzò alla metà degli anni Settanta
l’operazione “Metamobile”, progetti firmati con le istruzioni per farsi i
mobili a casa da soli con materiali di recupero.
Si può dire quindi che Dino Gavina sia un personaggio da riscoprire nella
misura in cui fu molto più di un costruttore di mobili, un intellettuale
capace di valorizzare al massimo le qualità di altri uomini geniali. La sua
straordinaria personalità proietta la sua ombra carismatica fino a oggi, che
i suoi oggetti - molti tuttora in produzione - vivono con noi nelle nostre
case, e sono diventati così celebri da assurgere a simbolo di un’epoca e di
un modo funzionale e originale di abitare. Valgono per tutti alcuni pezzi
mitici di grande successo: la “Tripolina” il suo primo pezzo in assoluto, la
poltrona “Sacco” del 1970, le lampade “Arco” che con altre della produzione
“Flos” hanno rifondato un intero settore, la poltrona “Vassily”, gli specchi
di “Ultramobile”.
In attesa di riconsiderare nella dimensione del Museo questi “Lampi di
design”, rileggiamo una sua dichiarazione tratta da una intervista RAI: “Che
cosa ho fatto io? Ho fatto delle cose che non erano né mobili, né quadri, né
sculture. Però erano una presenza precisa… abbiamo fatto un'operazione che
voleva portare nelle case una presenza particolare, che era un'opera d'arte,
senza che chi l'acquistava se ne accorgesse. Però se la trovava in casa. Che
poi era un valore per i figli. Era un valore per gli ospiti. Era un valore
per il futuro...”.
Un’idea di democrazia estetica, che, realizzando infine un sogno
surrealista, ha cambiato il mondo.
Gavina .NAVIGA
Ricco il calendario di incontri che accompagna la rassegna, tutti
appuntamenti aperti al pubblico, con la partecipazione di amici e
collaboratori di Gavina, testimoni della sua vicenda umana e professionale.
Gli incontri e le conversazioni che avranno luogo tutti alle ore 11.00 sono
dedicati all'arte, alla letteratura, alla musica, al design,
all'architettura, tutte discipline che furono parti integranti e elementi
d’ispirazione del pensiero estetico di Gavina.
In particolare segnaliamo:
domenica 26 settembre, “Occhi e mani: il design”, con Scarpa, Clivio,
Chiapponi, Irvine, Pietropoli, Bagnoli, Caprioli.
domenica 3 ottobre, “L’arte classica, con passione”, con Zanardi,
Biagi Maino, Sgarbi.
domenica 10 ottobre, “Operazione Metamobile: poesia per una casa
leggera” con Enzo Mari.
domenica 31 ottobre, “Bologna, Giappone: Takahama, il design” con
Azuma, Takahama, Sacchetti, Piretti e altri.
domenica 7 novembre, “Cina e cinetici: il pittore Li Yuan-Chia, il
gruppo T, il Gruppo N, essenzialità e movimento”, con Brett, Sawyer, Alviani,
Anceschi e altri.
domenica 5 dicembre, “Centro Duchamp, la sperimentazione, finanche la
musica”, con Celli, Simonetti, Marchegiani e altri.
domenica 12 dicembre, “visita guidata Last Order, ripensando alla
mostra: Dino Gavina, lampi, tuoni e forti piogge”, con i curatori Brigi e
Vincenzi.