Daniela Bellotti "Antologia di Scritti sull'Arte"                                                                                                               Gli artisti

Luigi Ontani

"Gigante3RazzEtà7ArtiCentAuro"

 

MAMbo, Bologna

Testo pubblicato in Art Journal, mar - apr. 2008

 
Ceramica, particolare
Luigi Ontani all'inaugurazione della sua mostra al MAMbo

Ontani e Maraniello, direttore del MAMbo.

Opere di Ontani
La manica lunga del MAMbo con le opere di Ontani


 

LUIGI ONTANI


Atmosfere diverse e sensuali, grandi installazioni di sapore orientale e le celebri serie fotografiche dove l’artista si ritrae in fantasiosi travestimenti. Unanimi consensi per la mostra di Bologna “Gigante3RazzEtà7ArtiCentAuro” di Luigi Ontani in corso fino al 4 maggio 2008.

 


Già il titolo è un programma, una sola parola in un linguaggio inventato fatto di elementi concatenati, che insieme danno vita a qualcosa di diverso. Come diversa è l’arte di Luigi Ontani. Nato a Vergato vicino a Bologna, Ontani è divenuto dagli anni Ottanta un’icona dell’arte contemporanea, in cui si è ritagliato un posto al di fuori delle correnti, scardinandosi precocemente sia dalla tradizione bolognese, sia dalle ricerche generazionali più connotate al concettuale. La sua è un’arte individualistica, che non si apparenta alle ricerche attuali ma che per vari aspetti ne è stata anticipatrice, per l’uso del video e della fotografia sopratutto. Il lavoro di Ontani può essere considerato un’unica lunga performance che accompagna la vita dell’artista e si materializza nelle gigantografie, nei disegni, nelle stupende opere ceramiche, nelle sculture polimateriche, nei video. Tutte le opere sono il risultato di una sperimentazione attorno all’immagine stessa dell’autore, che entra ed esce da situazioni artificiose come da piccoli palcoscenici privati, ritagliati in luoghi misteriosi e in tempi anch’essi misteriosi, dove l’uomo Ontani col suo volto e col suo corpo dà fisicità a tutti i ruoli, in una fantasiosa messa in scena di sé. In questa continua mutazione dell’apparire, l’artista si guarda, si contempla, si mostra, diventa non più uno, ma mille, saccheggiando elementi evocativi e sensuali da tradizioni diverse, facendo convivere aspetti estranei in una multiforme variopinta realtà-altra. Il risultato è un’arte fatta di variazioni sullo stesso tema, l’IO dell’artista, un’arte densa di echi orientali e classici, dove l’Oriente balinese, thailandese e indiano incontra la favola greca e il mostro gotico, dove nulla è mai assunto filologicamente, ma saccheggiato e manipolato in un gioco irriverente e divertito, grazie alla capacità dell’artista di viaggiare dentro differenti culture, conoscerle e travisarle.
La narrazione poetica e talora dissacrante in cui ci coinvolge Ontani non può che compensarci di tante operazioni artistiche risicate e penalizzanti, e restituirci il gusto di una mostra lussuosa, in un trionfo visivo dove il viola e l’oro, la materia lucente della ceramica, perifrasi decorative e suntuose, cangianti e decadenti concorrono alla creazione di un’opera totalmente ambigua e seducente.
La mostra che il MAMbo dedica a Ontani è complessa (come complessa è la stratificazione di rimandi su cui poggia l’immaginario dell’artista), curatissima nei contenuti, e offre allo spettatore nuove chiavi di lettura e spunti per letture ad ampio raggio del lavoro dell’artista, attraverso lavori storici e altri inediti. Si sviluppa al primo piano del museo (dove contemporaneamente si tengono altre due mostre, quella dell’artista cinese Ding Yi, e quella della coppia post-pop Guyton/Walker) e si snoda rendendo piacevole anche la scoperta fisica dei nuovi spazi, che raccordano percorso e contenuti. All’inizio una sala è dedicata ai video, di cui Ontani è stato uno sperimentatore in senso assoluto, con l’uso del super8 già alla fine degli anni Sessanta; poi c’è la bella sequenza della Manica Lunga che ospita la serie delle tredici ErmEstetiche, grandi opere in ceramica in cui l’artista si avvale della collaborazione della squisita manifattura del laboratorio faentino dei Gatti; alle pareti sono collocate le gigantografie del ciclo 24 Ore e I Prigioni. Poi vengono le sale orientali con le loro atmosfere reinventate, le installazioni con le maschere in legno in cui l’artista recupera anche l’antica tradizione artigianale balinese, le superfici lenticolari che variano con l’inclinazione dello sguardo, le opere in marmo e in vetro di Murano. Un automa con l’effige di uno stranissimo Dante-Ontani attraversa le sale ripetendo all’infinito e in tutte le lingue del mondo qualcosa come… l’arte è libertà.


 

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