Daniela Bellotti "Antologia di Scritti sull'Arte"                                                                                                Gli artisti
PIERO MANAI

Recensione alla mostra "Monoliti"
Galleria De' Foscherari, Bologna

Il Resto del Carlino
25.2.1989

L'ultimo Manai.
Mostra ricordo dell'artista recentemente scomparso

"Monoliti": è una mostra accorata, sincera, per ricordare Piero Manai, nella galleria dei primi successi, la De' Foscherari di Bologna, mostra allestita nei giorni previsti dall'artista quando ancora pochi mesi fa egli stesso progettava questa esposizione.
Una mostra difficile, troppo piena di ricordi e di rimpianto, troppo vuota di futuro. E quale sarebbe stato il futuro di questi "Monoliti"? Sordi, pesanti eppure sospesi in uno spazio vacuo, incomprensibilmente assurdi e veri, essi sono lì, nelle opere dell'87 e dell'88, le ultime di Manai, presenze che con la loro materia raggrumata terrigna e organica insieme, dicono la fatica di esserci, di 'sopravvivere', di farsi massa, corpo, realtà. Tra i ricordi scorrono le immagini di altre opere, prima di queste ultime così assolute, definitive; un percorso iniziato con gli anni dell'Accademia di Belle Arti qui a Bologna e con le prime esposizioni, con gli esili e colorati ritmi delle "Matite"; poi le figure umane di un'umanità torturata, le teste con i pesi sul capo, i volti esplosi, gli 'accovacciati' come nella inclemente poesia di Arthur Rimbaud.
Manai ci ha regalato un esempio di arte rara, che le parole dei critici hanno contestualmente commentato e puntualizzato nel suo farsi, concettualizzando una visione che oggi siamo tentati di guardare da un punto di vista più semplicemente espressivo ed emotivamente pregnante, pur non dimenticando l'importanza di una evoluzione stilistica personalissima, che Manai seppe inventare, per soggetti che trovano la loro efficacia comunicativa nell'inquietudine e nell'angoscia da cui sembrano emanati.
"Una pittura così intensa, e così realmente intensa, così fondata ed apparente, non ha nulla di drammatico" scriveva Paolo Fossati nel catalogo del 1988, in occasione della grande mostra allestita nelle due sedi di Ravenna (Chiesa di S.Maria delle Croci) e di Bologna (Palazzo Pepoli Campogrande). Tuttavia non si può non riconsiderare anche quell'aspetto, forse troppo scoperto per poter essere sottilmente indagato, ma così vero, che è proprio la dimensione dolorosa delle opere di Piero Manai.
Riguardiamo allora le opere esposte alla De' Foscherari, le tele dove si accampano i grandi monoliti, le pietre solitarie che sono oggetto misterioso, dolmen arcaico, sasso geologico, ma soprattutto pittura. Ed è una pittura scabra, stratificata, disadorna, senza possibilità di mutazione eppure ricca, grumo caparbio su luminosi biancori, una pittura amata per quello che è, come la vita. Silenziosa e immobile, la nera "Sfinge" assorta dentro il quadro, scruta orizzonti che noi non vediamo. Tornano le domande, ma la Sfinge non ascolta i nostri inutili tentativi di risposta e il futuro dei grandi monoliti si perde con le ultime parole.