Daniela Bellotti "Antologia di Scritti sull'Arte"                                                                                                                  Gli artisti
QUINTO GHERMANDI

"Il Resto del Carlino"
20.1.1994

 

 

Diede le ali alla materia

La morte dello scultore Quinto Ghermandi lascia interrotto un percorso creativo che è stato fino in fondo ricco di energie. Sul tavolo dei progetti restano opere non compiute, ancora grandi forme, come le sue celebri "Fontane", pensate per far librare il colpi d'aria la materia, strutture modernissime nello stile dove elementi naturali giungono ad una stupefacente perfezione astratta e insieme rinnovano un senso focale, scenografico che le rende imprevedibilmente antiche. Una tra tutte, la grande fontana del Policlinico Sant'Orsola.
La vita degli artisti, si sa, intesse dialoghi di grande profondità; per Quinto Ghermandi non furono solo i "dialoghi" silenziosi, quelli affidati alle opere, feconde per le non rare occasioni di collocazione pubblica, ma fu anche fertile magistero svolto per lunghi anni alla cattedra di scultura dell'Accademia di belle arti di Bologna.
Era nato a Crevalcore, il 28 settembre 1916; l'Accademia accompagnò gran parte delle sue vicende, dapprima come studente, poi come insegnante. A interrompere gli anni della formazione e le prime scelte artistiche d'ambito naturalistico, la guerra, che Ghermandi combatté come paracadutista e lo vide per quattro anni in un campo di concentramento in Egitto.
Dopo, la sua arte fu diversa: fu grande espressione potente che dalla tragedia trasse drammaticità, ma che seppe anche risvegliare vitalistici guizzi d'ironia, riscoprire aspetti ancora sorprendenti nelle cose, e in ciò fu uno dei maggiori interpreti della scultura del secondo Novecento. Un ricordo di lui in alcune testimonianze.

Andrea Emiliani: "E' stato un uomo di grande vivacità intellettuale, creatore di gag comiche straordinarie. Questa intelligenza entrò nel suo fare plastico, con una grande capacità di aggiornamento quando, dal Naturalismo, seppe andare verso la grande scultura inglese, penso ad Armitage, a Chadwik".

Adriano Baccilieri: "In Quinto, l'uomo, l'artista e l'insegnante furono aspetti interagenti, pur nella loro contraddittorietà.Mi piace ricordare il suo spirito che fu popolare, ma al livello più alto possibile; e le radici, non solo quelle accademiche, penso soprattutto ad Ercole Drei, ma più indietro fino ai modellatori bolognesi del Sei e Settecento, tradizione autoctona, che gli giunse anche attraverso Cleto Tomba. E poi le sue sculture verticali, sospese sopra un punto infinitesimale. La scultura, era solito dire ai suoi allievi, con colorita espressione dialettale, non deve dormire in cavezza, cioè deve liberarsi del suo peso, essere lieve. Spero che l'équipe che lavorava con lui potrà portare a termine le imprese da lui iniziate, come la serie delle Fontane del Consorzio Acque di Forlì".

Mario Nanni: "E' stato un inventore di forme notevoli, di sculture d'ambiente e urbane, senz'altro uno degli scultori più importanti d'Italia, a Bologna poi, è lo scultore, il maestro".

Bruno Raspanti: "Mi ha insegnato a vedere il senso delle cose, attraverso flash di immagini. Aveva un senso di scultura epica, legata ad una misura antica".

Bruno Nanni: "Il suo carattere franco, aperto, gli ha forse impedito di avere maggiori riconoscimenti, che avrebbe certamente meritato. Mi auguro che la Galleria d'arte moderna di Bologna possa dedicargli quella mostra che da vivo non ha potuto avere".
 


 

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